Corriere della Sera intervista NextGeo: La super mappatura dei monti sottomarini per scoprire il clima del futuro

Viaggio a duemila metri sotto i mari per studiare e mappare 72 monti sottomarini nel Mediterraneo. L’impresa dovrebbe partire entro i prossimi tre mesi e concludersi alla fine di giugno del 2026. I tempi sono strettissimi ma la missione rappresenta qualcosa di unico e mai realizzato. Per capirci, finora sono stati al massimo tre i monti sottomarini mappati nel Mar Mediterraneo, nelle acque tra il mar Ligure e il Golfo del Leone. Dietro questa nuova titanica impresa troviamo l’esperienza industriale di una realtà come la napoletana NextGeo, società leader a livello internazionale nel campo delle geoscienze marine e nei servizi di supporto alle costruzioni offshore, principalmente nel settore energetico, e quella scientifica di Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. L’azienda napoletana NextGeo si è aggiudicata la gara, indetta da Invitalia, per la mappatura degli habitat marini, del valore di 42 milioni e mezzo di euro. L’iniziativa rientra nella “Missione 2” del Pnrr.
La società NexGeo e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale insieme per un progetto faraonico: mappare nel Mediterraneo 72 monti sottomarini. Entro 3 mesi si parte per lo studio di habitat marini e clima che verrà

«Le principali aree entro le quali si svilupperà la spedizione, e dove navigheranno le due imbarcazioni il cui equipaggio sarà composto da una ventina di tecnici per nave, saranno quelle del Mar Ionio e del Mare Adriatico, e si scenderà tra i 150 e i duemila metri di profondità, lungo una superficie di oltre 9mila chilometri quadrati», spiega Giovanni Ranieri, ceo di NextGeo. Ma cerchiamo di capire, aiutati da Giordano Giorgi, dirigente responsabile del Centro nazionale coste di Ispra, l’importanza di questa missione e perché avverrà proprio nel Mediterraneo: «Le strutture più interessanti dal punto di vista degli habitat e delle specie, le troviamo quando ci si imbatte in elementi che emergono dalle profondità del mare: il grosso della biodiversità, quindi, si concentra sulle strutture emergenti come i monti sottomarini. Però, attenzione, stiamo parlando di qualcosa che non conosciamo: è questa l’aspetto più interessante e misterioso della ricerca».

Verso l’ignoto, è il bello della scienza
«Questi habitat, oltre a essere sconosciuti, sono quelli che corrispondono ai cambiamenti che stanno avvenendo nel Mare Mediterraneo. In pratica, noi abbiamo pochissime informazioni su, per esempio, l’andamento delle correnti e della salinità oltre i mille metri di profondità nel Mediterraneo: la nostra faraonica mappatura dei 72 monti sottomarini ci consentirà di sapere se e come sta cambiando il regime delle correnti del Mediterraneo», aggiunge Giorgi, entrando poi nel vivo della ricerca: «Essere in possesso delle informazioni sulle condizioni degli habitat di questi monti sottomarini vuol dire prevedere, con una maggiore precisione, il clima che potremo avere nel Mediterraneo, e quindi in Italia, nei prossimi decenni». E come in ogni ricerca scientifica che si rispetti, mettere insieme tutta una serie di informazioni, significherà anche dare una mano alla ricerca scientifica e industriale: «Alcune delle sostanze farmacologiche che noi oggi utilizziamo derivano da specie marine che le possedevano: ci aspettiamo di scoprirne altre in questa missione”.

Gli occhi del “Rov”
«C’è tanto da scoprire in questi fondali sottomarini: per esempio, risorse minerarie, fondamentali per la nostra transizione energetica. È un patrimonio assolutamente vivo e pieno di informazioni importantissime per lo sviluppo sostenibile», osserva Ranieri, il quale ricorda le prime due fasi del progetto: «Ricostruiremo in 3D la planimetria di questi monti sottomarini e successivamente definiremo bene la stratigrafia dei primi metri dei monti stessi. Una volta definita la loro forma geofisica, scenderemo e osserveremo lungo i fianchi di queste montagne e preleveremo alcuni campioni di materia, che poi saranno analizzati e studiati dai tecnici di Ispra». Gli occhi puntati sugli abissini saranno quelli del Rov (“Remotely Operated Vehicle”), fornito di sensori e di strumentazione a bordo (ultimamente NextGeo ha ampliato il numero di questi preziosi e sofisticatissimi strumenti di indagine) e in grado di arrivare fino a 5mila metri di profondità. Inoltre, questo sottomarino a comando remoto è dotato di un “Sub bottom profiler”, che permette di ricreare una immagine dei sub-sedimenti del fondale marino.

Tutti i dati in tempo reale
«Ma la cosa straordinaria è che tutti i dati rilevati nel corso delle indagini sottomarine, potranno essere letti in tempo reale nella nostra sede, a Santa Brigida, nel cuore di Napoli», racconta il Ceo di NextGeo, sottolineando il carico di complessità tecnologica impiegato in poco tempo per una missione del genere. «Soli due anni per coprire 72 monti sottomarini è giù una impresa e bisogna riconoscere al nostro partner tecnologico di essersi preso sulle spalle un carico eccezionale: per capirci, avremo un numero impressionante di dati in pochissimo tempo, ma per analizzarli tutti ci vorranno almeno dai cinque ai dieci anni», afferma Giorgi, dirigente responsabile del Centro nazionale coste di Ispra, il quale si augura di trovare cose ignote da un monte sottomarino a un altro, ma non si augura sicuramente di trovare una situazione in corso di modifica di questi habitat: «Considerando che il tempo di ricambio delle correnti profonde del Mediterraneo è di circa 300 anni, trovarle già adesso a quelle profondità significherebbe che il Mar Mediterraneo il cambiamento climatico lo sta già subendo”.

Il Mediterraneo come oggetto di studio
Infine, se questa è una spedizione da duemila metri sotto i mari unica nel suo genere, verrebbe da chiedersi come mai proprio adesso e non prima ci si è decisi a intraprenderla. «Questo è un progetto che mette insieme comunità di persone molto diverse tra loro: marittimi, tecnici oceanografici e ricercatori che cercano di capire e comprendere. Non solo. Le tecnologie si sono evolute tantissimo negli ultimi anni. Inoltre,

la consapevolezza che abbiamo del mar Mediterraneo è piuttosto recente: finora abbiamo sentito parlare soprattutto di oceani e barriere coralline, invece, finalmente il Mediterraneo è un oggetto di studio e riusciamo ad affrontare 72 monti sottomarini correndo il rischio di incidenti della strumentazione, facilmente riparabili, anche grazie al Pnrr che, dal punto di vista dell’investimento infrastrutturale, ha messo in moto un mondo industriale che ha la maturità per poter rispondere alle richieste fatte dalla ricerca tecnico-scientifica», conclude Giorgi.

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